Premessa… Quello che sto per scrivere o raccontare, non vuole essere una guida ufficiale o un vademecum da seguire alla lettera, ma un piuttosto un piccolo racconto personale – e perché no? – una serie di consigli dai quali prendere spunto, per chi vuole partire alla volta di questo splendido cammino.
La via degli Dei è un itinerario che si snoda da Bologna a Firenze, svalicando gli Appennini e ripercorre l’antico tracciato di vie commerciali etrusche, successivamente modificate dai Romani. In alcuni tratti infatti, si può camminare sul basolato dell’allora Via Flaminia Militare, portato alla luce dagli abitanti del luogo.
Perché via degli Dei?
Il nome si pensa derivi dalla denominazione di alcuni dei monti attraversati durante il cammino fra cui il Monte Venere e il Monte Luario (da Lua, dea romana a cui venivano sacrificati i soldati catturati in battaglia). L’intero percorso di 130 km circa, parte dal santuario di San Luca (c’è chi parte anche da Piazza Maggiore o addirittura dalla stazione centrale) fino a Piazza Duomo a Firenze.
La Via degli Dei è un itinerario piuttosto facile; è classificabile infatti T (turistico) ed E (escursionistico), fatta eccezione per un breve tratto toscano dopo il passo della Futa, classificato come EE (escursionista esperto); la segnaletica è presente e ben visibile su tutto il percorso, nonostante questo consiglio un minimo di preparazione fisica, date le lunghe distanze e i dislivelli 😉
In quanti giorni di cammino suddividere il viaggio?
Non esiste una regola fissa; c’è chi lo suddivide in quattro tappe ( se sei un maratoneta vai pure! ) o addirittura in sette/otto. L’ideale a mio avviso, sono cinque o sei giorni di cammino, per riuscire a percorrere tutto senza fretta, godendosi appieno quello che il percorso ha da offrire. Tutte le tappe terminano in luoghi attrezzati con strutture ricettive; questo permette di organizzare il trekking in base alle proprie esigenze e inclinazioni. Se si opta per albergo, b&b, ostello è consigliata la prenotazione prima della partenza (io ho scelto l’avventura con la tenda!). Nei paesi tappa, sono presenti inoltre ristoranti, botteghe e quant’altro possa servire per proseguire il viaggio ben riforniti.
Quando partire?
A meno che tu non sia l’alter ego di Christopher McCandless di Into the Wild, sconsiglio il periodo invernale e magari anche il mese di agosto, data la presenza di grandi tratti esposti al sole su cui camminare. Comunque da aprile a settembre/ottobre è il periodo migliore, sia per il clima ma anche per la varietà dei paesaggi naturali. Queste le tappe da noi percorse:
Bene, ora arriva secondo me la parte più divertente ma anche determinante della preparazione del viaggio…
L’equipaggiamento…che cosa portare nello zaino?
Ecco, desidero riportare la mia esperienza, per evitare che facciate i miei stessi errori. ;D
Premetto che ho deciso di fare questo cammino in maniera molto autonoma; sono venuta a conoscenza della Via degli Dei, da un post di Facebook, condiviso da un amica di Bologna.
La mia vita in quel periodo, stava giungendo a un bivio, perciò, ho pensato, quale miglior occasione di un cammino immerso nella Natura, per guardarsi dentro e magari capire quale direzione prendere? Contatto la ragazza che ha lanciato il post, e subito mi rendo conto che: non era una guida e non conosceva nemmeno un minimo tratto del percorso…quindi, si parteeeee!!!
Per prima cosa, mi sono procurata una cartina, di cui conservo gelosamente i brandelli (fondamentale, sia che decidiate di intraprendere l’avventura da soli, sia in gruppo, data la presenza di varianti e percorsi alternativi. Sono riuscita a perdermi comunque ed è stata una delle cose più emozionanti del viaggio, soprattutto in Toscana, quando mi sono ritrovata sola, in un recinto di buoi :D).
Sono passata poi, alla ricerca delle scarpa perfetta, documentandomi, anche su vari blog: c’è chi consiglia lo scarponcino alto, chi quello basso così la caviglia è più libera, addirittura chi l’ha fatto con le scarpe da ginnastica o coi sandali!
Risultato? Ero più confusa di prima!
Quello che mi sento di passarvi, se dovete acquistarle, è di farlo con anticipo, usarle più che potete e che siano di un numero più grande del vostro…l’effetto zampone dopo il terzo giorno di cammino è quasi assicurato!
E siamo giunti al caro amico zaino…Tenete presente che sarà il vostro compagno più prossimo per tutta la durata del viaggio, e se non volete arrivare a odiarlo e maledirlo per 130 km, consiglio di scegliere con cura le cose da portare.
Se si parte con amici o conoscenti, si può benissimo suddividere le cose da portare per evitare di sovraccaricarsi di pesi inutili.
Io sono stata colpita dalla frenesia dello scoiattolo: ho messo nello zaino una quantità infinita di barrette energetiche, frutta, frutta secca, cioccolato, merendine, per timore di trovarmi senza cibo : non fatelo! Cioè, premunitevi di cibo ma in maniera equilibrata, appunto perché nei vari paesini attraversati, troverete negozi e botteghe in abbondanza per sfamare tutti i pellegrini.
Volendo un contatto diretto con la Natura, ho deciso di dormire in tenda: ho optato per una, affettuosamente soprannominata il loculo, date le sue ristrette dimensioni, che pesasse il meno possibile (1 kg). È stato l’acquisto migliore che potessi fare, leggera, poco ingombrante e facile da montare, giusta per contenere me e il sacco a pelo. Ovviamente, se scegliete questa opzione dovrete procurarvi un materassino sul quale dormire: quello autogonfiabile mi ha salvato la schiena!
Altri elementi fondamentali che non possono mancare nell’equipaggiamento: cerotti per vesciche e Compeed, ago e filo per bucarle e santa crema all’arnica, che si è presa cura dei miei/nostri piedi ogni sera .
Per quanto riguarda l’abbigliamento invece, sono stata piuttosto essenziale; un cambio di pantaloni, due di magliette, un pile e 4 paia di calze. Nei luoghi di pernotto si trova facilmente il modo di lavare le proprie cose, anche se non si alloggia in strutture.
Altre cose che ho portato:
Ecco che le giornate di preparazione scorrono così, facendo e disfacendo lo zaino, scrivendo e strappando liste, in preda a una piacevole sensazione di eccitazione pre-partenza, unita a una lieve ansia dovuta alle mille pippe mentali, se ce l’avessi fatta o meno.
Ricordo ancora tutto del fatidico giorno, 19 settembre 2016, alla stazione di Rimini sotto un diluvio incessante. Per fortuna lo scenario cambia, arrivata a Bologna; un bel sole settembrino allieta la partenza del nostro gruppo. Partiamo in dodici dal suggestivo santuario di San Luca, ma per via delle andature e carichi vari, ben presto ci si divide in due gruppi.
Non conoscevo nessuno, eppure dopo pochi istanti ho percepito che sarebbe stato un cammino indimenticabile. Così è stato, dai paesaggi, alle persone native dei luoghi attraversati, che ci hanno accolto e ospitato come fossimo attesi da sempre e ai miei compagni di viaggio, con cui ho condiviso cinque giorni straordinari di fatica, risate, canti, disperazione, racconti, cene, ubriachezza e storie di vita.
Cosa mi porto a casa da questa esperienza?
Mi viene da dire l’esperienza in sé, nella sua totalità: il contatto con la natura, la scoperta di posti nuovi, che sembrano lontanissimi dalla nostra quotidianità, eppure così vicini in termini di distanze: la particolarità paesaggistica degli aridi calanchi bolognesi, il magnifico paesaggio del Contrafforte Pliocenico coi caratteristici pinnacoli del Monte Adone e i suoi fossili, le immense faggete che segnano il confine tra Emilia e Toscana, le splendide colline toscane, costellate da antichi borghi dove il tempo sembra trascorrere sospeso tra epoche.
Porto con me la fatica, la stanchezza fisica, la sensazione di non farcela più, e invece scoprire di poter superare me stessa e i miei limiti, una fatica a suo modo bellissima, che mi ha accompagnata fino all’ultimo passo, poterla condividere ed esorcizzare con gli altri “pellegrini”, davanti a una birra ghiacciata nell’ostello del paese mentre ci si cura a vicenda le vesciche nei piedi; il gusto del cibo che non so perché, ma quando cammini così tanto sembra essere ancora più buono e nutriente ( il panino della bottega di Madonna dei Fornelli e la focaccia con la finocchiona di Sant’Agata del Mugello straconsiglio!), il momento della cena in cui ci si ritrova a essere uniti, a scambiarci racconti della giornata e bagagli di vita, come se ci si conoscesse da sempre; il modo che ha la Natura di renderti più autentico e vero, facendo cadere tutte quelle resistenze o abitudini che ci portiamo dalla vita quotidiana.
Porto con me la bella malinconia mista a tristezza della fine del viaggio, l’ improvviso distacco da coloro che per cinque giorni sono stati un po’ una famiglia, il mio piccolo clan. Che poi non è stata proprio una fine, piuttosto la spinta per capire la direzione di quel bivio.
di Eleonora Lancellotti
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