Le Isole Lofoten sono una fregatura.
Sono una fregatura perché quando torni non sai nemmeno se sei partito.
Sono una fregatura perché il passare del tempo non è reale, non è quantificabile. Tutto viene dilatato e ristretto, non ha la stessa forma a quella latitudine.
Ti sembra di aver fatto pochi chilometri e invece hai già coperto la distanza che va da Rimini a Bologna. Le montagne nere e imponenti, i riflessi luccicanti del ghiaccio, la neve bianca, il cielo blu e le mille tonalità di azzurro dell’acqua, tutto ti frega.
Perfino il sole è una fregatura, forse la fregatura meglio riuscita. Sbuca fuori alle 8 come se fosse in ritardo perché impegnato a scaldare altri angoli del mondo, poi arriva e regala una luce che non avevo mai visto prima in vita mia. Esalta i colori, da un tocco di magia al paesaggio già maestoso e regale di questa parte di Norvegia.
Però poi il sole ti frega ancora, perché scalda ma non abbastanza in queste terre gelide e rigide. Ti frega perché non sale mai alto nel cielo, rimane sempre troppo vicino alla superficie terrestre, sembra quasi che l’orizzonte lo abbia legato con un filo invisibile per non farlo salire troppo in alto su questi cieli. E quando ti sei abituato ad averlo li lui subito ritorna in basso e ancora una volta è un’apoteosi di colori indimenticabili che disegnano tramonti nordici solo immaginati fino a questi giorni.
Non mi scorderò mai di quel sole. Come non mi scorderò mai delle parole del Capitano Larsen, che, a bordo del suo gommone e con un sorriso disarmante, mi ha fatto fare una delle esperienze più belle della mia vita. Diceva, “Qui alle Lofoten abbiamo sempre una bottiglia di vino in frigorifero, perché vedere il sole non è una cosa scontata, e quando spunta dobbiamo stappare la bottiglia”.
Il Capitano Larsen. A bordo del suo invincibile gommone, con i capelli lunghi raccolti in una coda bianca e grigia da vero lupo di mare. Ci ha portato in mezzo ai fiordi, dove gli occhi si perdevano tra scorci troppo difficili da descrivere da quanto erano belli. Poi, fischiando, richiamava le aquile di mare, che spuntavano da solo lui sa dove e planavano sopra le nostre teste, artigliando al volo i pesci da lui offerti. Le aquile di mare e il capitano Larsen sembravano conoscersi da una vita. Le aquile di mare e il capitano Larsen rimarranno li per sempre secondo me, e questa devo capire ancora se è una fregatura o no.
E poi le sue parole, ancora una volta, prima di salutarci tra una tazza di caffè e un biscotto alla cannella (anche più di uno, penso di averne mangiati una decina). Diceva “Qui alle Lofoten se vuoi fare una cosa falla subito, perché domani potrebbe non essere più il momento giusto. Fallo ora.”
Allora Capitano lo facciamo, e vediamo se anche tu mi freghi:
In viaggio tra un’infinità di villaggi di pescatori arroccati sulle rocce, a due passi da un mare che dire freddo è niente. Casette rosse di legno appoggiate come in un puzzle nell’orizzonte Norvegese. Spiagge battute dal vento del nord dove c’è perfino chi surfa queste onde di ghiaccio. La cima del monte Hoven dove ho visto uno dei paesaggi più belli della mia vita, con il circolo polare artico e le sue acque da una parte ed il sole ad illuminare i fiordi dall’altra. Le camminate sul lago ghiacciato e le corse a rotta di collo in discesa sulla neve. La bandiera Norvegese che sventolava sola e malinconica in alcuni porticcioli di piccoli villaggi, che sembravano abitati dalle luci lasciate accese dentro le case ma non dagli esseri umani, e non è una fregatura questa? Come a Nyksund, dove sembrava di essere sul set di un film, tutto abbandonato e tutto così dannatamente bello.
E poi lei, Aurora. Già solo pronunciare il nome fa venire i brividi. L’abbiamo ammirata praticamente tutte le sere. Una danza di luci e colori che sembrano venire da milioni di anni fa, un’altra, ennesima fregatura. Perché spunta senza dirtelo e nel giro di pochi secondi diventa un’onda verde che veste il cielo di magia e ti fa stare con la testa all’insù e la bocca aperta. Ti fa dimenticare il freddo, ti fa sentire piccolo ma anche parte di un qualcosa di magico. Poi, come è arrivata, se ne va. Ti lascia li, nel nord del mondo, con la certezza di essere stato fregato nel modo più bello possibile,
Il tempo è finito, avrei potuto continuare ma il ritorno alla vita Italiana mi chiama.
Prima di andarmene però posso consolarmi con la certezza che non sono stato l’unico ad essere fregato. Ho avuto la fortuna di far parte di un gruppo di 15 persone a dir poco uniche. Ho sempre viaggiato da solo, o comunque in compagnia di pochi, e qualche mese in giro per il mondo l’ho fatto, ma quello che siamo riusciti a creare in questa settimana non me lo scorderò. Grazie a tutti voi che avete reso questo viaggio un po’ meno una fregatura.
Perché il nord frega, ma in quella casetta di legno ognuno è stato se stesso e questo è un gran bel regalo. Grazie di cuore ad ognuno di voi, per le risate sopra ad ogni cosa.
Robi, Tussin, Marchino, Fede, Franci, Vero, Lo Chef, Ire, Dani, Fabietto, Marcone, Sari, Giù, Thor, Andre.
See yew North.
Andre
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